Il 2020, complice anche le restrizioni per il covid-19, ha visto il Cloud Gaming spiccare il volo e accrescere esponenzialmente il numero degli utenti. Tra il lancio di Google Stadia e il potenziamento del servizio di Nvidia Geforce Now, numerose aziende si stanno cercando d’insidiare nel mondo del gaming in streaming.
Non dimentichiamo che anche i colossi Microsoft e Sony stanno investendo molto per perfezionare i loro personali servizi di Cloud gaming. Certo è che giocare decentemente a giochi che solitamente richiedono uno sforzo non indifferente all’hardware del PC, avendo solo una buona connessione, è qualcosa che incuriosisce molte persone. Ciò rende molto più accessibile alla maggior parte del pubblico, per esempio, i giochi tripla A. Il giocatore che punta a vivere al meglio la sua esperienza di gioco, in termini di qualità grafica, potrebbe senza dubbio essere attratto dalla possibilità di giocare grazie a un abbonamento e soprattutto sfruttando solo la propria linea internet.
Come funziona il Cloud Gaming?
Il cloud gaming nasce dal desiderio di sempre più persone di giocare ai videogiochi. Molte però non hanno l’hardware necessario che permetta loro di accedere alla maggior parte dei titoli. Ed è qui che i servizi di gioco in streaming intervengono. In poche parole, le aziende mettono a disposizione enormi quantità di computer molto molto potenti, che fungono anche da server. Queste super macchine hanno l’obiettivo di svolgere quello che normalmente una console o l’hardware di un normale PC fa, ossia far girare i videogiochi.
Quando ci si connette a un servizio di cloud gaming, come Google Stadia o GeForce Now, si viene assegnati a uno di questi super computer, che si occupa di collegarsi e di far funzionare il gioco per noi. Si tratta di un meccanismo molto complesso ma altrettanto lineare da comprendere. Quello che veramente serve è una buona e stabile connessione a internet, in questo modo l’esperienza sarà senza dubbio migliore. Certo è che, più si è vicini fisicamente al server, e più si giocherà meglio, proprio per un discorso di trasmissione delle informazioni.
Anche se sempre di streaming si tratta, il paragone tra servizi di streaming come Netflix e servizi di gaming in streaming come Stadia o Project xCLoud non è propriamente corretto. Il cloud gaming richiede parecchio sforzo da parte dei data center e delle rete internet. Questo perché, mentre per un comune video su Netflix o YouTube si utilizza o lo sforzo di rete o lo sforzo del centro dati, i videogiochi in cloud utilizzano entrambi. Per usufruire dell’esperienza videoludica si devono elaborare i dati ed eseguire il rendering del video in tempo reale. Inoltre, la macchina deve anche rispondere agli input degli utenti quando premono i pulsanti dei controller.
Il problema con l’ambiente
Non sembrerebbe che questo nuovo modo di giocare sia dannoso per l’ambiente, anzi, a un primo sguardo parrebbe forse il contrario. In realtà, alimentare tutti i server per garantire il servizio a tutti rappresenta un dispendio molto importante in termini di consumi energetici; in più, spesso, l’energia elettrica utilizzata è prodotta grazie a combustibile fossile. C’è anche da dire che, per ora, il gaming, e in particolare quello in cloud, rappresenta una nicchia molto ristretta di giocatori. Al giorno d’oggi i consumi non sono poi così rilevanti per definirli rischiosi per l’ambiente. Ma il 2020 è stato l’anno zero per questo tipo di tecnologia, il periodo di spinta maggiore per farla conoscere.
Recenti studi condotti dall’università di Lancaster, in Inghilterra, hanno evidenziato come l’impatto ambientale del cloud gaming possa evolversi in tre diversi modi entro il 2030. Il primo rappresenta il caso in cui rimanesse un argomento di nicchia, come lo è ora. Il secondo caso ipotizza che il gaming in streaming possa prendere piede, con un indicativo 30% di giocatori passati alla nuova modalità. Con questa ipotesi si registrerebbe un aumento delle emissioni di carbonio pari circa al 29%. Nel terzo caso, il peggiore, l’ipotesi è quella che il cloud gaming sia diventato la normalità per il 90% dei giocatori nel mondo, con un aumento delle emissioni fino al 112%.
Scenario 1 | Cloud Gaming di nicchia | Emissioni contenute |
Scenario 2 | Cloud Gaming al 30% dei giocatori | Emissioni pari al 29% |
Scenario 3 | Cloud Gaming al 90% dei giocatori | Emissioni pari al 112% |
Il problema verrebbe ulteriormente aggravato dall’aumento della risoluzioneLa risoluzione del monitor indica il numero di pixel orizzontali e verticali sullo schermo, determinando la nitidezza dell'immagine. Leggi tutto da 720p e 1080pNel gaming, la risoluzione Full HD o 1080p rappresenta 1920x1080 pixel, garantendo immagini chiare e buone prestazioni in gioco. al 4K, si potrebbe raggiungere un punto di non ritorno. Il peggior scenario ipotizzato dai ricercatori è anche quello più difficile da raggiugnere attualmente, perché richiederebbe una potenza di rete che è ancora difficile da ottenere ai più. Ma lo scenario 2 è anch’esso molto realistico e rappresenta un incremento significativo dell’impatto climatico, non bisogna sottovalutarlo. Secondo i risultati del Lawrence Berkeley National Laboratory il Cloud gaming fa aumentare il consumo annuo di elettricità dal 40% al 60% per i computer desktop, i valori variano a seconda di quanto lontano devono viaggiare le informazioni o a seconda del consumo del data center in questione.
Cosa si può fare?
L’impatto del Cloud gaming sull’ambiente, al momento, non è significativo. Come detto sopra, è ancora ritenuto di nicchia, molti preferiscono ancora sfruttare il proprio hardware per giocare. Per cercare di prevenire al meglio lo scenario numero 2, ci si dovrebbe soffermare sui data center e sul tipo di energia che si utilizza per alimentarli. Già in questi anni numerose aziende si stanno impegnando ad alimentare i loro server e data center con energie totalmente rinnovabili. Google e Microsoft, per esempio, si stanno preoccupando di convertire in energia pulita ogni loro emissione di carbonio entro il 2030.
Sony, invece, ha recentemente affermato di stare cercando di eliminare le emissioni per tutto il ciclo di vita dei suoi prodotti entro il 2050. Inoltre l’azienda nipponica, in seguito a uno studio condotto sui consumi della loro console, pubblicherà informazioni per aiutare gli utenti Playstation, i quali potranno quantificare l’impatto del Cloud gaming nella loro vita quotidiana.
Una delle questioni maggiori riguarda il fatto che nessuno obbliga le aziende del mondo del gaming a preoccuparsi del problema climatico. Il 2020 è stato un anno particolarmente produttivo per il mondo dei videogiochi, un punto di partenza nella crescita esponenziale che il settore sta vivendo. Se non ci si impegna fin da subito nel rispetto dell’ambiente e non ci si rende conto dei consumi che il gaming potrebbe raggiungere da qui a poco tempo, nei prossimi anni il problema del surriscaldamento globale verrà ulteriormente aggravato. C’è il bisogno che le aziende si informino al più presto su come contrastare le emissioni di carbonio. Quello dell’eco sostenibilità è un problema che interessa tutti e di cui tutti si devono interessare.